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  • Editoriale



    di
    Alessandro Vaccarone

    Una navigazione difficile


    Ci stiamo avviando, o almeno così si dice, verso un mondo profondamente cambiato dalle crisi ancora non risolte, nonché da quelle in atto e da quelle che si ipotizzano come conseguenze degli epocali mutamenti geopolitici. Coloro che stanno fuori dalla mischia, perché protetti da stipendi e pensioni "sicure", continuano a prevedere scenari ed indicare soluzioni, collaborando così unicamente ad aumentare la confusione in atto.
    Manca una guida per il cambiamento e forse è giusto così, valutata l’incidenza di quelle che una volta si chiamavano variabili indipendenti ma che oggi (ed in prospettiva) devono essere rinominate variabili dipendenti dalla imprevedibilità dei sistemi economici, politici, finanziari, ambientali,ecc. ecc.
    Siamo quindi all’inizio di un viaggio alla scoperta di un mondo nuovo, nel quale difficilmente si potranno prevedere, almeno nel breve e medio periodo, lunghi periodi di stabilità.
    Alla partenza, vista con gli occhi di chi fa impresa, sono presenti flotte eterogenee: grandi navi mercantili, navi da combattimento, veloci battelli corsari, motoscafi d’altura mascherati da tranquilli pescherecci, barche a vela, barche a remi, canoe con un solo rematore.
    Immaginiamo una regata competitiva, nella quale però non ci si batte contro quelli della propria stazza, ma tutti contro tutti!

    ...CONTINUA


    La Redazione

    Redazione: tesoriditalia@mediael.it
    Pubblicità: advertising@mediael.it
    Contatti: magazine@mediael.it


    Editore: Media-El
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    16011 Arenzano (GE) - Italia
    P.IVA 03123540100
    tel. +39 010 9131030
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    Come sta la democrazia?


    La democrazia è il peggiore dei sistemi politici, esclusi tutti gli altri, diceva lo stimato statista Sir Winston Churchill, cacciato democraticamente dopo aver vinto la guerra contro il nazismo.
    I sistemi che si definiscono democratici non sono poi tutti uguali e le declinazioni storiche possono essere molto diverse, a iniziare dal modo di selezionare ed eleggere i rappresentanti del demos, il popolo sovrano.

    Che spesso si accorge dei guasti delle proprie distrazioni sulla delega di potere solo in periodi di vacche magre.
    Quando le cose vanno bene, i mercati tirano, i portafogli si gonfiano, è facile perdonare agli eletti qualche marachella finanziaria e perfino eccessi di autoritarismo.

    L’Italia è uno stato giovane, una nazione incerta e una democrazia che risente ancora troppo del regime che l’ha preceduta.
    I fasci delle corporazioni si sono tramandati nelle corporazioni degli interessi, mal camuffate da lobby moderne, molto attente ai propri interessi particolari e per nulla inclini al bene comune.
    Quando la coperta del Pil si fa corta – uno tira di qua, l’altro tira di là – qualcuno deve per forza restare con le terga scoperte.

    Ebbene di queste terga esposte alle intemperie si dovrebbe prendere cura il ceto politico, da cui ci si aspetterebbe un appassionato interesse al bene comune.

    Però, in questo periodo di vacche molto magre, ai nostri politici viene troppo bene nascondersi dietro la crisi, quella che non dipende da noi ma dal mondo, in nome della quale sembra lecito chiedere ogni tipo di sacrificio; e senza tanto discutere per l’urgenza delle scelte e l’emergenza devastante, che farebbe paura al più acceso rodomonte degli ottimisti.

    Ebbene, si ha l’impressione che l’Italia sia in emergenza ormai da troppi anni, e che per ognuno di essi ci sia stata imposta una manovra finanziaria più pronta a dare stangate che a distribuire stimoli ad imprese e consumatori, col risultato di vedere la ricchezza distribuita in modo sempre più sperequato.
    Ogni anno in occasione dell’ennesima manovra di raddrizzamento dei conti assistiamo a una vera lotta per bande tra le diverse lobby – più o meno trasparenti, più o meno lecite – per accaparrarsi i vantaggi necessari a sopravvivere nelle posizioni di rendita conquistate nel tempo.

    Abbiamo sempre sperato che la classe politica prima o poi trovasse il modo di distribuire correttamente le risorse reperite con l’imposizione fiscale e che questo fosse democraticamente organizzato per far pagare di più chi ha di più.
    Oggi ci pare piuttosto chiaro di avere sottovalutato la forza delle lobby e la loro capacità di infiltrare la classe politica e costringerla a comportarsi solo per garantire interessi di parte e mai per il bene comune.
    Ci sentiamo traditi, nei nostri sentimenti più profondi e nella fiducia verso la classe politica, pur non volendola confondere con le istituzioni democratiche nei cui fondamenti, come Churchill, continuiamo pervicacemente a credere.

    Nonostante che il fascismo sia alle spalle, oggi come ieri lo stato conta più del cittadino e che alle continue dichiarazioni di abolizione di lacci e laccioli della libera iniziativa economica faccia purtroppo solo seguito l’aumento di incombenze burocratiche e amministrative per chi fa impresa.

    La macchina dello stato si è ingigantita, fino a perdere l’esatta visione del suo ruolo, mentre metastasi clientelari e malavitose ne hanno aggredito le strutture portanti.

    Il sistema delle comunicazioni ci informa minutamente e continuamente di scandali e ruberie ma invece di una rivolta popolare pare proprio che serva a immunizzare e anestetizzare.

    Ci pare di vivere sotto una tirannide, che ci impone modi di vedere e di vivere uniformi e assuefatti.
    Che finge di dare con la destra e prende per davvero con la sinistra.
    Una tirannide morbida, camuffata da democrazia, nella quale apparentemente ognuno di noi conta e può dire la sua con efficacia, almeno durante il rito stanco delle votazioni politiche, per accorgersi subito dopo del tradimento.

    La democrazia diretta è difficile da mettere in pratica ma la democrazia rappresentativa, almeno nei modi che hanno preso forma qui da noi, ci appare inefficace e ha scavato un solco troppo profondo tra elettore ed eletto. I privilegi della classe politica sono immeritati proprio perché essa è autoreferenziale e non più in grado di governare in nome del popolo e nel rispetto del bene collettivo.

    Il risultato della nostra storia ci pare proprio una truffa democratica, dalla quale occorre uscire presto, pena l’esclusione dell’Italia dal circuito delle nazioni socialmente ed economicamente evolute.