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  • Editoriale



    di
    Alessandro Vaccarone


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    Il negozio di antiquariato


    La strada era grande: da un lato, uno accanto all’altro, si stipavano i negozi, con le vetrine sempre piene di meraviglie, dall’altro grandi palme e vecchi palazzi Liberty davano alla strada un fascino sottile.
    La bambina camminava assorta guardando le vetrine, faceva quella strada tutti i giorni tornando da scuola, ma solo una vetrina l’obbligava a fermarsi.



    Era quella dell’unico antiquario della zona, dove da un lato c’era una piccola scrivania con le gambe ricurve, riccioli strani e fiori intarsiati con varie sfumature di legni.
    Sul grande cassetto centrale e sui piccoli laterali le maniglie erano piccoli fiocchi di metallo, era la cosa più bella che avesse mai visto.
    Nel negozio c’erano tantissimi altri oggetti molto belli, librerie con una strana rete per proteggere i libri (alla bambina sembrava una rete da polli, ma non lo disse mai a nessuno!) poltrone con le corna di cervo, statue di donne seminude avvolte da veli, divanetti con le gambe tornite, scatole di ogni foggia, tazze, teiere e vasi di vetro, ma per lei l’unico amore era quella piccola scrivania.
    Aveva anche costretto la mamma ad andare a sentire quanto costava, ma era una scrivania del ‘700!
    Era impossibile comprarla, e poi i suoi pensavano che fosse solo il capriccio di una bambina. Così continuò a passare davanti al negozio, a volte la scrivania era spostata e lei aveva paura che l’avessero venduta, ma per anni, tutti gli anni delle elementari, restò nel negozio, e la bambina credeva che quel mobile l’aspettasse.
    Ma una mattina trovò il negozio chiuso.
    Il giorno dopo un camion portò via tutto, e qualche mese dopo nelle vetrine c’erano abiti d’alta moda.
    La bambina pianse, non avrebbe mai avuto la sua scrivania.
    Il tempo passò, la bambina crebbe, cambiò città, andò a studiare all’estero.
    In uno dei suoi tanti viaggi di lavoro si trovò a camminare per Parigi, in uno di quei passaggi di ferro e vetro costruiti a metà ‘800 e che ora sono pieni di piccoli negozi di charme.
    All’improvviso si bloccò, in una vetrina c’era la sua scrivania, con sopra una lampada di Gallè accesa.
    Non era possibile, era ancora più bella, aveva solo bisogno di un fiore in un piccolo vaso e di un libro aperto appoggiato sopra.
    Entrò di corsa, il cuore le batteva come se avesse visto un vecchio amore mai dimenticato.
    Chiese il prezzo, era carissima, come allora, forse di più.
    La proprietaria le spiegò che era un autentico Luigi XV, in bois de violette e bois satinè con bocchette e guarnizioni in bronzo, un mobile “superbe!” che era appartenuto a una grande famiglia che aveva vissuto in Italia; che strano che una ragazza italiana si interessasse a questo pezzo!
    Tremando firmò un assegno per fermare il mobile, la mattina dopo telefonò alla sua banca e chiese un piccolo mutuo.
    Quando al direttore spiegò che era per comprare un mobile lui disse che era pazza, ma le accordò il prestito.
    Nel viaggio di ritorno, nella macchina presa a noleggio, con la scrivania tutta incartata nel baule, cantava, erano anni che non si sentiva così bene.
    Ora è nello studio che dà sul giardino, è piena di fogli e c’è sempre un fiore fresco, e tutte le volte che lei la sfiora è a un passo dalla felicità.

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