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  • Editoriale



    di
    Alessandro Vaccarone


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    Progetto di interni. Può prescindere
    dall’architettura della casa?


    Parlando di case e città è difficile che il pensiero non vada al “cuore” dell’abitare e cioè all’ambiente che ognuno di noi, magari con l’ausilio di un architetto o di un interior designer, desidera creare per vivere la propria intimità.
    Varietà di stili, materiali innovativi, a disposizione del gusto e della fantasia di chi, come noi Italiani, porta dentro di sè la cultura dell’abitare, che è anche capacità di legare insieme forme e colori, passato e futuro, ma sempre con un coordinamento che si rivela nell’armonia della continuità dell’idea originale.


    Anche il minimalismo di molte soluzioni attuali può essere valorizzato dal coordinamento d’insieme, dalla capacità di consentire al particolare di fondersi senza rinunciare all’identità di un’appartenenza ad una sua propria ispirazione.
    Un progetto d’interni promana da un desiderio, da una visione e si trasforma, nell’incontro con gli oggetti, in una trama, che troverà i suoi spazi di approfondimento mano a mano che la casa ed i suoi interpreti ne confermeranno la coerenza.

    Se andiamo indietro nel tempo, alla ricerca della matrice dell’arredare, del perché aggiungere all’utile e al necessario la preziosità dell’ambientazione, la memoria ci suggerisce la contemporaneità della realizzazione di esterni ed interni.
    La casa che Ulisse edificò attorno al ceppo dell’ulivo è forse la metafora più forte dell’integrazione tra arredo e casa.

    Il tempo ha scandito la modificazione dei costumi, delle abitudini, delle necessità di molti in contrapposizione al privilegio di pochi e questo ha senza dubbio reso impossibile assicurare unicità architettonica ad un vivere sempre più massificato nella realtà delle città.
    La casa, intesa come struttura e contenitore, ha perduto via via i suoi riferimenti simbolici, trasformandosi in necessità e speculazione.
    In anni bui poi, l’essenzialismo inutile di un’architettura urbana cinica e grossolana ha offeso profondamente il tessuto della storia di molte città, abituandoci alla divaricazione sempre più profonda tra contenitore e contenuto, fino a creare l’attuale distinzione netta tra i due momenti ideativi.

    La casa diviene spesso rifugio da un’estetica tollerata, alla quale invariabilmente si aggiunge un contesto urbano anonimo e spersonalizzante.
    Certo, appare impensabile oggi, nell’era delle case che devono essere completate in mesi e non in anni, nella frenesia del costruire e del vendere, tentare di riavvicinare i significati proponendo opportunità di arredo, suggerimenti senza vincoli, ma in continuità non solo ideale tra il fuori e il dentro.

    Il tempo delle “vecchie nazioni” potrà vedere, forse, un progressivo ripensamento attorno agli scempi degli anni di abbandono della memoria.
    Forse, sarà possibile intervenire per ridare significato estetico a strutture anonime che, molto spesso, racchiudono tesori d’arredo creati proprio per contrastare le offese architettoniche.

    Nelle giovani nazioni stanno invece sorgendo nuove città.

    Avanzano con la fretta di chi ha atteso molto tempo per raggiungere un traguardo che sembrava precluso.

    L’auspicio è che le migliori energie ideative si pongano alla guida del nuovo edificare, ad evitare scempi ed improvvisazioni, per ricondurre ad unicità una delle più importanti metafore della vita.

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