Il futuro del retail: integrazione o indipendenza? Siamo alla vigilia di una scelta epocale nei cosiddetti paesi evoluti. Una scelta resa necessaria, ad avviso di chi scrive, dalle dinamiche competitive che sono destinate a determinare mutamenti anche nella struttura sociale di molte nazioni della vecchia Europa.
Ripresisi dallo shock provocato dall’irrompere sui mercati dei paesi cosiddetti emergenti, molti produttori hanno seriamente cominciato a pensare se l’intermediazione tra produzione e consumo, affidata a rivenditori, sia ancora una formula in grado di generare valore aggiunto.
Anche i retailer più evoluti hanno cominciato a sentire l’esigenza di poter avere a disposizione gli strumenti della produzione, non foss’ altro che per limitare il livello delle scorte di prodotti invenduti, vero problema dei settori nei quali il consumo è legato a mode e tendenze e sempre meno alla soddisfazione di bisogni primari.
Parliamo dei retailer tradizionali e non già delle cattedrali del consumo quali gli ipermercati e i centri commerciali, che rispondono già da tempo a logiche diverse, così come facciamo riferimento alle piccole e medie aziende produttrici e non già alle grandi realtà, spesso multinazionali, radicate in molti paesi del globo.
La realtà Italiana, che ha fatto dell’individualismo la propria arma vincente attraverso la messa in campo di creatività, capacità di intrapresa, ecletticità, sta ora riflettendo se sia ancora quella la strada per rimanere nel novero delle nazioni capaci di assicurare sicurezza e benessere ai propri cittadini. Il confronto è e sempre più sarà tra "sistemi". Lo diciamo da molto tempo ormai, ma non abbiamo saputo, per ragioni storiche, culturali, di ciechi egoismi di bottega, andare oltre le dichiarazioni e le enunciazioni.
La modificazione progressiva del mondo, spinta da un’accelerazione quale mai si era vista nella storia dell’umanità, ci pone oggi nella indifferibile necessità di fare delle scelte di lungo periodo e non soltanto aggiustamenti per superare difficoltà momentanee. Il tema è di prima grandezza: produzione e distribuzione devono restare realtà distinte, nella competizione tra sistemi paese, oppure il rafforzamento e la crescita dimensionale, della quale c’è urgente necessità per la nostra economia, devono necessariamente realizzarsi attraverso l’integrazione tra chi produce e chi commercializza?
Anche oggi, che si fa un gran parlare di reti di imprese, non si colgono indicazioni verso quella che pare essere la soluzione vincente per chi, come noi, possiede vantaggi competitivi ... a patto che i prodotti giungano direttamente al consumatore, nel tempo giusto, al prezzo giusto e con i giusti contenuti di servizio.
Tesori d’Italia propone l’impresa a rete, che tende a creare il modello di integrazione tra produzione e distribuzione, ponendo le basi affinchè ognuno possa continuare a fare al meglio il proprio mestiere, ma creando insieme i nodi funzionali di interscambio per il raggiungimento dell’unico fine comune.
La rete, qualunque essa sia, ha lo scopo di consentire a chi si affidi al suo sistema di arrivare ad una destinazione predeterminata (nel nostro caso ad un obiettivo comune).
Essa si forma e si potenzia nel tempo, ma è pensata in relazione a questo scopo ed affinchè chi la utilizza possa concentrarsi sul proprio ompito, seguendo regole condivise ed affidando la soluzione di problematiche collettive a chi sia incaricato della gestione tra i nodi di interscambio, senza ritardi, errori, o duplicazione di attività.
L’ipotesi, nuova nello scenario delle "ricette pronte", è la formazione progressiva di sistemi a rete da realizzare insieme, partendo da un’integrazione forte a livello nazionale per estenderne poi i risultati ad altri paesi. La via del Made in Italy non solo di prodotto, ma anche di capacità di soddisfare esigenze attraverso componenti di servizio anch’esse uniche.
Per chiarimenti, idee, proposte, soluzioni sulle nostre ipotesi di lavoro: tesoriditalia@mediael.it
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